lunedì 9 ottobre 2017

Vince il marketing ‘snello’




"Il food e la mobilità sono i settori più effervescenti. E’ qui che il nuovo marketing, quello chiamato ‘lean’ (snello), attecchisce di più, insieme a tutto ciò che rientra nello spettro della new economy. Se n’è parlato al Marketing Forum, che per la sua terza edizione ha ospitato all’Università Iulm di Milano Philip Kotler, 86 anni, docente alla Kellogg School of Management e consideratouno dei massimi esperti del marketing.
Come si vende oggi? I budget contano meno: l’importante è scegliere i canali giusti, che massimizzano la penetrazione del prodotto, senza sottovalutare il buon vecchio ‘passaparola’: i social network, ad esempio, sono diventati sempre più imprescindibili, ma è “la community” a fare la differenza, spiega Kotler, che ha portato alla platea internazionale l’esempio di Ducati e della sua vivace comunità di sostenitori. Nell’epoca del superamento dell’intermediazione, dove recensioni e risposte a ogni quesito si trovano sul web, per un’azienda contano le storie. “Quello che può fare un’azienda è suggerire la sua idea di mondo al cliente, non chiedergli un acquisto o fargli uno sconto”. Ciò che “sta a cuore” a una società, che sia una multinazionale o una micro impresa, è quello che può indirizzare un acquisto rispetto a un altro.
Un buon responsabile del marketing, oggi, “deve stare attaccato all’amministratore delegato, al pari del cfo, e scovare nuove opportunità, come, ad esempio, i micro-segmenti”. E in Italia? “Qui ci sono inesplorate possibilità per le nostre pmi, che con il lean marketing possono ottenere risultati misurabili abbattendo i costi”, dice Marco Raspati, ceo di Nexo Corporation e organizzatore del Forum. “Non servono grandi piani o grandi investimenti per fare marketing. Ogni azienda – spiega - deve capire ciò che è al caso suo, la propria capacità di sviluppo. Ci sono realtà come Deliveroo che possono sfruttare budget milionari ma che vincono con il passaparola”. Per le aziende più piccole, una strategia su misura “permette di aumentare la propria visibilità e di incrementare il proprio valore”."

giovedì 17 agosto 2017

Come vivere cent'anni in buona salute!




"Le regole d'oro del medico svedese Bertil Marklund e altri studi su come invecchiare meno e meglio.

Chi non vorrebbe campare in salute oltre cent'anni? E chi non vorrebbe scoprire come riuscirci? A dare qualche risposta è un saggio provocatorio uscito lo scorso luglio, Forever Young, che sintetizza le ultime scoperte scientifiche e le più recenti pubblicazioni in materia presentandosi nella forma di un'accurata inchiesta giornalistica sulle ultime frontiere del "non invecchiare" spesso tenute nascoste dalle multinazionali farmaceutiche.

Tra i lavori citati in Forever Young c'è anche La guida scandinava per vivere 10 anni di più, caso editoriale in Svezia e tradotto in 23 lingue. L'autore, il medico Bertil Marklund, offre una serie di indicazioni molto concrete e semplici per migliorare lo stile di vita, convinto che sia proprio questo a pesare per il 75% sulla durata della nostra vita (la genetica solo per il 25%). Eccone alcune.

L'ATTIVITÀ FISICA costante riduce il rischio di una quarantina di malattie. L'ideale è la palestra, oppure la corsa tre volte a settimana. In alternativa, vanno bene anche 10 mila passi al giorno.

LO STRESS crea quasi più danni del fumo: sprigiona adrenalina e cortisolo, aumenta radicali liberi e infiammazioni. Per combatterlo: respirare, perdonare e perdonarsi, ridurre le aspettative.

IL SONNO è fondamentale: 7 le ore che servono in media. Il medico invita anche a fare attenzione al dormire troppo: «Una ricerca recente mostra che si sviluppano più malattie», oltre a favorire altri disturbi.

DAL SOLE arriva la vitamina D, che rinforza il sistema immunitario, attenua le infiammazioni, protegge da varie malattie. Marklund consiglia di prendere il sole, per il primo quarto d'ora, senza protezione: «Per ogni persona che muore di cancro alla pelle ce ne sono 30 che muoiono per carenza di vitamina D!».


LA PANCIA è una bestia nera, per il medico svedese: «Ogni centimetro in più porta una malattia». Per misurare l'accumulo sul girovita sdraiatevi su di una superficie rigida, a pancia in su, e misurate la distanza dal suolo all'altezza dell'ombelico: se è inferiore a 22 centimetri per gli uomini e a 20 cm per le donne, va tutto bene."

A presto con un altro articolo tratto da Focus.it!

Citywin Staff!

lunedì 31 luglio 2017

Perché gli esseri umani parlano così tante lingue?



"Nel mondo se ne contano oltre 7000. Perché non ci basta un linguaggio universale (o almeno alcuni)? E quali fattori influenzano, più di tutti, la diversificazione linguistica in un territorio?

Malakula, la seconda più grande isola della repubblica di Vanuatu (Melanesia) è un fazzoletto di terra lungo 100 km e largo 20: ciò nonostante, vi si parlano oltre 40 lingue diverse, tanto che molti studiosi definiscono questo territorio le Galapagos dell'evoluzione linguistica. Perché così tanti idiomi in poco spazio? E perché nel mondo se ne contano oltre 7.000, e non ci accontentiamo invece di una manciata di lingue universali?

DISTRIBUZIONE IRREGOLARE. Di risposte chiare ancora non ce ne sono. Tanto per cominciare, la varietà linguistica non è la stessa dappertutto. Nelle regioni tropicali si parlano molte più lingue che in quelle temperate. Nell'isola di Nuova Guinea se ne contano oltre 900, mentre la Russia, 20 volte più grande, vanta "solo" 105 lingue indigene. Anche ai tropici la distribuzione non è equa. Nelle 80 isole di Vanuatu (250 mila abitanti in tutto) si parlano 110 idiomi; il Bangladesh, che ha una popolazione 600 volte superiore, ne annovera solo 41.

In effetti passati studi hanno evidenziato che alle basse latitudini le lingue sono più spesso parlate in fasce ristrette di territorio che alle alte latitudini. Questa però è la fotografia di una situazione, non della sua causa. La latitudine potrebbe essere correlata alla diversità linguistica, ma di certo non la crea.

L'ESEMPIO DELL'AUSTRALIA. Michael Gavin, antropologo della Colorado State University, ha costruito e testato allora un modello, per capire come determinati fattori geografici, demografici e climatici potessero influenzare la diversità linguistica di un dato territorio. È partito da una mappa della varietà linguistica degli aborigeni australiani prima dell'arrivo degli europei, identificando 406 idiomi diversi, concentrati soprattutto a nord e lungo le coste (meno nell'interno desertico).

Ha poi preso in considerazione tre fattori:
- L'uomo tende a migrare nei territori lasciati liberi da altre popolazioni
- L'uomo si concentra dove le piogge sono abbondanti
- Le popolazioni umane hanno una dimensione massima, superata la quale, iniziano a parlare due lingue diverse

SOVRAPPOSIZIONE PERFETTA (O QUASI). Il modello non includeva variabili socio-economiche come contatti tra popolazioni vicine, contaminazioni culturali o cambiamenti nelle modalità di sussistenza. Eppure quando è stato messo in moto, ha prodotto sulla cartina dell'Australia 407 lingue, solo una in più rispetto al vero, e con una distribuzione simile a quella reale.

Nelle mappe a sinistra, la varietà di lingue osservate e la ricchezza linguistica in Australia, prima dell'arrivo degli europei. A destra, i risultati del modello elaborati dagli scienziati, che rispecchiano da vicino la situazione reale.
ALTRI FATTORI. Il modello è però difficilmente applicabile ad altri territori con una piovosità più uniforme di quella australiana (come appunto Vanuatu) o ad aree in cui la diffusione dell'agricoltura ha determinato il successo di un linguaggio, come è successo in Europa con le lingue indoeuropee e in Africa con quelle Bantu.

In alcune zone la topografia del territorio, il clima e la densità di popolazione possono essere le molle scatenanti la diversità linguistica. In altre, guerre, strategie politiche o attività economiche potrebbero pesare di più."



mercoledì 21 giugno 2017

E SE TORNASSIMO SULLA LUNA?




"Serve una nuova alleanza internazionale per inviare di nuovo astronauti sulla Luna entro il 2020, e una volta lassù, costruirvi un insediamento stabile nel giro di 30 anni. Lo ha ribadito Stephen Hawking nel corso dello Starmus Festival, un evento dedicato alle scienze e alle arti attualmente in corso a Trondheim, in Norvegia.

VOLARE ALTI. Lo scienziato auspica inoltre a una missione umana su Marte entro il 2025, obiettivo, insieme a quello di un nuovo allunaggio, che garantirebbe un nuovo slancio ai programmi spaziali, favorirebbe nuove collaborazioni tra nazioni altrimenti in competizione, e darebbe all'umanità uno scopo più alto.

USCITA DI SICUREZZA. Investire nell'esplorazione spaziale non sarebbe un modo per distogliere lo sguardo dai problemi terrestri, ma anzi, l'unica via per uscirne a lungo termine. «Non nego affatto l'importanza di combattere i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, a differenza di Donald Trump, che potrebbe appena aver preso la più grave e sbagliata decisione sul clima a cui il mondo abbia mai assistito» ha detto lo scienziato, senza troppi giri di parole.

«Ma proprio per il clima che cambia e il progressivo esaurimento di risorse dobbiamo guardare altrove. Stiamo finendo lo spazio e l'unico posto dove possiamo andare sono gli altri mondi. È tempo di esplorare altri sistemi solari. Uscire e diffonderci potrebbe essere l'unica cosa in grado di salvarci da noi stessi. Sono convinto che l'umanità debba abbandonare la Terra»."


(tratto interamente da Focus.it)

lunedì 19 giugno 2017

Come disegni un cerchio?


"Provate a disegnare un cerchio. No, non importa che sia preciso alla maniera di Giotto. Quello che vogliamo osservare è la direzione del tratto: siete andati in senso orario o antiorario? La risposta ha molto a che fare con la nostra cultura di provenienza.

Lo scorso novembre, Google ha rilasciato Quick, Draw!, un gioco online che invita, in 20 secondi, a disegnare con il dito o il mouse gli schizzi degli oggetti più disparati, dalle scale alla pioggia, da un cammello a una lavatrice. Scopo del progetto è istruire gli algoritmi a disegnare come l'uomo, ma nel frattempo il database di Google ha collezionato 50 milioni di scarabocchi da tutto il mondo.

I reporter di Quartz hanno utilizzato questo archivio per capire come cambia il modo di disegnare le forme geometriche alle varie latitudini. Il dataset di Google contiene 119 mila cerchi tratteggiati in 148 paesi. Analizzando quelli delle 66 nazioni con almeno 100 disegni, gli statistici di Quartz hanno individuato le direzioni preferenziali scoprendo alcune singolari tendenze.

Come si disegna un cerchio in Giappone, e negli Stati Uniti. | QUARTZ
DIMMI DA DOVE VIENI... Gli statunitensi tendono a disegnare i cerchi in senso antiorario: dei 50 mila tracciati nel gioco, l'86% seguiva questa direzione. I giapponesi vanno nel verso opposto: l'80% degli 800 cerchi tratteggiati nel paese è stato completato in senso orario.

LA MAGGIORANZA. La tendenza americana è stata osservata in gran parte dei paesi europei, anglofoni e occidentali: non abbiamo dati per l'Italia, ma Australia, Inghilterra, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, oltre a Vietnam e Filippine, sono nel gruppo dei cerchi antiorari, con percentuali simili o superiori a quelle USA. Questa è, a quanto pare, la direzione preferita di quasi tutti i paesi del mondo, a eccezione di Giappone e Taiwan (per la Cina non ci sono dati: nel Paese Google è bloccato).

DAI BANCHI DI SCUOLA. Da cosa dipende questa differenza? Principalmente - sembra - dal sistema di scrittura. Il Giappone per esempio ne prevede tre: hiragana, katakana e kanji. L'hiragana, il sistema di scrittura sillabico usato nel linguaggio comune, di forma corsiva, presenta molti caratteri tondeggianti, la maggior parte dei quali disegnata in senso orario. Da qui la tendenza a tracciare i cerchi allo stesso modo.

Sia la scrittura giapponese, sia quella cinese, prevedono in linea di massima che si traccino i caratteri da in alto a sinistra a in basso a destra, spesso con un solo tocco continuo. La mano tende quindi con maggiore naturalezza a muoversi in senso orario, per seguire questa regola. Nelle lingue scritte che si basano sul cinese, queste regole si apprendono sin dalla più tenera età, e la calligrafia è spesso considerata una spia della qualità dell'istruzione ricevuta.

La prevalenza di direzione nel disegno del cerchio in base al paese di provenienza. A destra in blu, quelli in senso orario. | QUARTZ
RADICI COMUNI. Anche se per la Cina non abbiamo i dati di Google, uno studio del 1985 confermava la tendenza, nel paese, a disegnare cerchi in senso orario. Per Taiwan potrebbe valere lo stesso, data la comune provenienza linguistica. Questa somiglianza si osserva, in senso opposto, anche per un'altra forma geometrica: il triangolo. Il 97% di quelli disegnati a Taiwan e il 90% di quelli tracciati in Giappone sono in senso antiorario. Questo perché nei sistemi di scrittura cinesi, le linee diagonali vanno tracciate prima da destra a sinistra, e in un secondo tempo da sinistra a destra.

DALLE NOSTRE PARTI. Per quanto riguarda i sistemi di scrittura latini, che si sviluppano da sinistra a destra e non sono particolarmente ricchi di forme circolari, la tendenza a disegnare cerchi in senso antiorario potrebbe dipendere dal modo in cui tracciamo le "c" e le "g". Dallo studio emergono anche interessanti questioni storico-politiche: il Vietnam che utilizza un alfabeto latino come quello degli USA, mostra il 95% di cerchi in senso antiorario. Hong Kong, che usa una scrittura di origine cinese, ha per l'82% cerchi tracciati in senso orario.

Più scriviamo, più queste abitudini si fanno radicate. Ma occorre anche sottolineare che ormai, soprattutto nelle culture occidentali, si è persa l'abitudine a scrivere a mano. Gli studi sulla scrittura potrebbero considerare in futuro, e sempre di più, il modo che abbiamo di battere sulla tastiera del pc, o comporre su quella del telefono."




(tratto interamente da Focus.it)

lunedì 5 giugno 2017

Energy Observer



Energy Observer, la prima imbarcazione al mondo a idrogeno è stata da poco varata nelle acque di Saint-Malo, in Francia. Il “battesimo” marino è la prima tappa di un viaggio intorno al mondo che in 6 anni toccherà 101 porti in 50 paesi.  

Energy Observer è un catamarano dall’aspetto futuristico: è coperto da 130 m2 di pannelli solari, due turbine eoliche alimentano i motori elettrici ed è dotato persino di uno smart kite di 50m2 (una vela che assomiglia a un paracadute) che, quando le condizioni del vento saranno favorevoli, darà il suo contributo alla propulsione della barca!

IDROGENO FAI-DA-TE. L’obiettivo di quest’impresa non è la velocità, sono ben altri i record che Energy Observer intende battere, e non da poco. È la prima imbarcazione autosufficiente e a zero emissioni di gas serra; la prima alimentata da idrogeno autoprodotto e accumulato a bordo utilizzando energie rinnovabili: tutto è alimentato dal sole, dal vento e dall'acqua.

La novità più importante di questo catamarano hi-tech è proprio l’idrogeno, il sogno di tutte le energie, non solo perché non produce scorie (la sua ossidazione, produce acqua!) ma soprattutto per la densità di energia che contiene: con 1 kg di idrogeno, si possono percorrere 100 km, e se potessimo utilizzarlo per caricare un telefonino, basterebbero pochi secondi per farlo funzionare un’intera settimana.

ABORATORIO GALLEGGIANTE. Ma c’è ancora molta strada da percorrere per estendere l’uso dell’idrogeno come combustibile su vasta scala. Energy Observer è un vero e proprio laboratorio galleggiante per sperimentare la catena di produzione dell’idrogeno in modo efficiente e a basso costo. Riuscire a farlo in un ambiente ostile come quello marino, dall’Artico all’equatore, è una grande sfida. 

Alla guida del catamarano ci saranno due avventurieri uniti dalla passione per il mare: il capitano Victorien Erussard, velista professionista, vincitore di grandi regate transoceaniche, e il capo spedizione Jérôme Delafosse, esploratore e documentarista del mare, subacqueo, appassionato di squali (si è immerso senza gabbia per fotografare lo squalo bianco).




(tratto interamente da Focus.it)

martedì 30 maggio 2017

Lo yacht a vela più grande del mondo!



"Lo yacht privato e a vela più grande del mondo è quasi pronto per il varo ufficiale e per essere consegnato al suo proprietario, il miliardario russo Andrey Melnichenko, n° 89 nella classifica mondiale dei super ricchi. I numeri che lo descrivono sono davvero impressionanti.

TUTTI I RECORD DI A. La nave si chiama semplicemente A (o Sailing Yacht A) ed è lunga 142,8 metri per oltre 12.600 tonnellate di stazza, ha un albero maestro di 90 metri e la parte emersa è alta come un palazzo di 8 piani.

È stata progettata da Philippe Stark ed è costata 425 milioni di euro. Ospita al suo interno una grande piscina e un osservatorio subacqueo mentre uno dei ponti è attrezzato per l’atterraggio degli elicotteri.

ECOLOGICA E HI TECH. Potrà solcare i mari a vela ma anche a motore: il vascello è equipaggiato con due motori diesel da 3600 kW e due motori elettrici da 4300 kW.

Ogni funzione della barca può essere controllata da un unico schermo touch mentre vetri a prova di bomba e 40 telecamere a circuito chiuso ne garantiscono la sicurezza.

Lo yacht, che è stato costruito nei cantieri di Nobiskrug, in Germania, si trova al momento a Gibilterra per gli ultimi ritocchi e l’arredamento degli interni.

Le sue vele sono state tessute negli Stati Uniti e hanno una superficie superiore a quella di un campo di calcio!"

(articolo tratto interamente da Focus.it)