lunedì 9 ottobre 2017

Vince il marketing ‘snello’




"Il food e la mobilità sono i settori più effervescenti. E’ qui che il nuovo marketing, quello chiamato ‘lean’ (snello), attecchisce di più, insieme a tutto ciò che rientra nello spettro della new economy. Se n’è parlato al Marketing Forum, che per la sua terza edizione ha ospitato all’Università Iulm di Milano Philip Kotler, 86 anni, docente alla Kellogg School of Management e consideratouno dei massimi esperti del marketing.
Come si vende oggi? I budget contano meno: l’importante è scegliere i canali giusti, che massimizzano la penetrazione del prodotto, senza sottovalutare il buon vecchio ‘passaparola’: i social network, ad esempio, sono diventati sempre più imprescindibili, ma è “la community” a fare la differenza, spiega Kotler, che ha portato alla platea internazionale l’esempio di Ducati e della sua vivace comunità di sostenitori. Nell’epoca del superamento dell’intermediazione, dove recensioni e risposte a ogni quesito si trovano sul web, per un’azienda contano le storie. “Quello che può fare un’azienda è suggerire la sua idea di mondo al cliente, non chiedergli un acquisto o fargli uno sconto”. Ciò che “sta a cuore” a una società, che sia una multinazionale o una micro impresa, è quello che può indirizzare un acquisto rispetto a un altro.
Un buon responsabile del marketing, oggi, “deve stare attaccato all’amministratore delegato, al pari del cfo, e scovare nuove opportunità, come, ad esempio, i micro-segmenti”. E in Italia? “Qui ci sono inesplorate possibilità per le nostre pmi, che con il lean marketing possono ottenere risultati misurabili abbattendo i costi”, dice Marco Raspati, ceo di Nexo Corporation e organizzatore del Forum. “Non servono grandi piani o grandi investimenti per fare marketing. Ogni azienda – spiega - deve capire ciò che è al caso suo, la propria capacità di sviluppo. Ci sono realtà come Deliveroo che possono sfruttare budget milionari ma che vincono con il passaparola”. Per le aziende più piccole, una strategia su misura “permette di aumentare la propria visibilità e di incrementare il proprio valore”."

giovedì 17 agosto 2017

Come vivere cent'anni in buona salute!




"Le regole d'oro del medico svedese Bertil Marklund e altri studi su come invecchiare meno e meglio.

Chi non vorrebbe campare in salute oltre cent'anni? E chi non vorrebbe scoprire come riuscirci? A dare qualche risposta è un saggio provocatorio uscito lo scorso luglio, Forever Young, che sintetizza le ultime scoperte scientifiche e le più recenti pubblicazioni in materia presentandosi nella forma di un'accurata inchiesta giornalistica sulle ultime frontiere del "non invecchiare" spesso tenute nascoste dalle multinazionali farmaceutiche.

Tra i lavori citati in Forever Young c'è anche La guida scandinava per vivere 10 anni di più, caso editoriale in Svezia e tradotto in 23 lingue. L'autore, il medico Bertil Marklund, offre una serie di indicazioni molto concrete e semplici per migliorare lo stile di vita, convinto che sia proprio questo a pesare per il 75% sulla durata della nostra vita (la genetica solo per il 25%). Eccone alcune.

L'ATTIVITÀ FISICA costante riduce il rischio di una quarantina di malattie. L'ideale è la palestra, oppure la corsa tre volte a settimana. In alternativa, vanno bene anche 10 mila passi al giorno.

LO STRESS crea quasi più danni del fumo: sprigiona adrenalina e cortisolo, aumenta radicali liberi e infiammazioni. Per combatterlo: respirare, perdonare e perdonarsi, ridurre le aspettative.

IL SONNO è fondamentale: 7 le ore che servono in media. Il medico invita anche a fare attenzione al dormire troppo: «Una ricerca recente mostra che si sviluppano più malattie», oltre a favorire altri disturbi.

DAL SOLE arriva la vitamina D, che rinforza il sistema immunitario, attenua le infiammazioni, protegge da varie malattie. Marklund consiglia di prendere il sole, per il primo quarto d'ora, senza protezione: «Per ogni persona che muore di cancro alla pelle ce ne sono 30 che muoiono per carenza di vitamina D!».


LA PANCIA è una bestia nera, per il medico svedese: «Ogni centimetro in più porta una malattia». Per misurare l'accumulo sul girovita sdraiatevi su di una superficie rigida, a pancia in su, e misurate la distanza dal suolo all'altezza dell'ombelico: se è inferiore a 22 centimetri per gli uomini e a 20 cm per le donne, va tutto bene."

A presto con un altro articolo tratto da Focus.it!

Citywin Staff!

lunedì 31 luglio 2017

Perché gli esseri umani parlano così tante lingue?



"Nel mondo se ne contano oltre 7000. Perché non ci basta un linguaggio universale (o almeno alcuni)? E quali fattori influenzano, più di tutti, la diversificazione linguistica in un territorio?

Malakula, la seconda più grande isola della repubblica di Vanuatu (Melanesia) è un fazzoletto di terra lungo 100 km e largo 20: ciò nonostante, vi si parlano oltre 40 lingue diverse, tanto che molti studiosi definiscono questo territorio le Galapagos dell'evoluzione linguistica. Perché così tanti idiomi in poco spazio? E perché nel mondo se ne contano oltre 7.000, e non ci accontentiamo invece di una manciata di lingue universali?

DISTRIBUZIONE IRREGOLARE. Di risposte chiare ancora non ce ne sono. Tanto per cominciare, la varietà linguistica non è la stessa dappertutto. Nelle regioni tropicali si parlano molte più lingue che in quelle temperate. Nell'isola di Nuova Guinea se ne contano oltre 900, mentre la Russia, 20 volte più grande, vanta "solo" 105 lingue indigene. Anche ai tropici la distribuzione non è equa. Nelle 80 isole di Vanuatu (250 mila abitanti in tutto) si parlano 110 idiomi; il Bangladesh, che ha una popolazione 600 volte superiore, ne annovera solo 41.

In effetti passati studi hanno evidenziato che alle basse latitudini le lingue sono più spesso parlate in fasce ristrette di territorio che alle alte latitudini. Questa però è la fotografia di una situazione, non della sua causa. La latitudine potrebbe essere correlata alla diversità linguistica, ma di certo non la crea.

L'ESEMPIO DELL'AUSTRALIA. Michael Gavin, antropologo della Colorado State University, ha costruito e testato allora un modello, per capire come determinati fattori geografici, demografici e climatici potessero influenzare la diversità linguistica di un dato territorio. È partito da una mappa della varietà linguistica degli aborigeni australiani prima dell'arrivo degli europei, identificando 406 idiomi diversi, concentrati soprattutto a nord e lungo le coste (meno nell'interno desertico).

Ha poi preso in considerazione tre fattori:
- L'uomo tende a migrare nei territori lasciati liberi da altre popolazioni
- L'uomo si concentra dove le piogge sono abbondanti
- Le popolazioni umane hanno una dimensione massima, superata la quale, iniziano a parlare due lingue diverse

SOVRAPPOSIZIONE PERFETTA (O QUASI). Il modello non includeva variabili socio-economiche come contatti tra popolazioni vicine, contaminazioni culturali o cambiamenti nelle modalità di sussistenza. Eppure quando è stato messo in moto, ha prodotto sulla cartina dell'Australia 407 lingue, solo una in più rispetto al vero, e con una distribuzione simile a quella reale.

Nelle mappe a sinistra, la varietà di lingue osservate e la ricchezza linguistica in Australia, prima dell'arrivo degli europei. A destra, i risultati del modello elaborati dagli scienziati, che rispecchiano da vicino la situazione reale.
ALTRI FATTORI. Il modello è però difficilmente applicabile ad altri territori con una piovosità più uniforme di quella australiana (come appunto Vanuatu) o ad aree in cui la diffusione dell'agricoltura ha determinato il successo di un linguaggio, come è successo in Europa con le lingue indoeuropee e in Africa con quelle Bantu.

In alcune zone la topografia del territorio, il clima e la densità di popolazione possono essere le molle scatenanti la diversità linguistica. In altre, guerre, strategie politiche o attività economiche potrebbero pesare di più."



mercoledì 21 giugno 2017

E SE TORNASSIMO SULLA LUNA?




"Serve una nuova alleanza internazionale per inviare di nuovo astronauti sulla Luna entro il 2020, e una volta lassù, costruirvi un insediamento stabile nel giro di 30 anni. Lo ha ribadito Stephen Hawking nel corso dello Starmus Festival, un evento dedicato alle scienze e alle arti attualmente in corso a Trondheim, in Norvegia.

VOLARE ALTI. Lo scienziato auspica inoltre a una missione umana su Marte entro il 2025, obiettivo, insieme a quello di un nuovo allunaggio, che garantirebbe un nuovo slancio ai programmi spaziali, favorirebbe nuove collaborazioni tra nazioni altrimenti in competizione, e darebbe all'umanità uno scopo più alto.

USCITA DI SICUREZZA. Investire nell'esplorazione spaziale non sarebbe un modo per distogliere lo sguardo dai problemi terrestri, ma anzi, l'unica via per uscirne a lungo termine. «Non nego affatto l'importanza di combattere i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, a differenza di Donald Trump, che potrebbe appena aver preso la più grave e sbagliata decisione sul clima a cui il mondo abbia mai assistito» ha detto lo scienziato, senza troppi giri di parole.

«Ma proprio per il clima che cambia e il progressivo esaurimento di risorse dobbiamo guardare altrove. Stiamo finendo lo spazio e l'unico posto dove possiamo andare sono gli altri mondi. È tempo di esplorare altri sistemi solari. Uscire e diffonderci potrebbe essere l'unica cosa in grado di salvarci da noi stessi. Sono convinto che l'umanità debba abbandonare la Terra»."


(tratto interamente da Focus.it)

lunedì 19 giugno 2017

Come disegni un cerchio?


"Provate a disegnare un cerchio. No, non importa che sia preciso alla maniera di Giotto. Quello che vogliamo osservare è la direzione del tratto: siete andati in senso orario o antiorario? La risposta ha molto a che fare con la nostra cultura di provenienza.

Lo scorso novembre, Google ha rilasciato Quick, Draw!, un gioco online che invita, in 20 secondi, a disegnare con il dito o il mouse gli schizzi degli oggetti più disparati, dalle scale alla pioggia, da un cammello a una lavatrice. Scopo del progetto è istruire gli algoritmi a disegnare come l'uomo, ma nel frattempo il database di Google ha collezionato 50 milioni di scarabocchi da tutto il mondo.

I reporter di Quartz hanno utilizzato questo archivio per capire come cambia il modo di disegnare le forme geometriche alle varie latitudini. Il dataset di Google contiene 119 mila cerchi tratteggiati in 148 paesi. Analizzando quelli delle 66 nazioni con almeno 100 disegni, gli statistici di Quartz hanno individuato le direzioni preferenziali scoprendo alcune singolari tendenze.

Come si disegna un cerchio in Giappone, e negli Stati Uniti. | QUARTZ
DIMMI DA DOVE VIENI... Gli statunitensi tendono a disegnare i cerchi in senso antiorario: dei 50 mila tracciati nel gioco, l'86% seguiva questa direzione. I giapponesi vanno nel verso opposto: l'80% degli 800 cerchi tratteggiati nel paese è stato completato in senso orario.

LA MAGGIORANZA. La tendenza americana è stata osservata in gran parte dei paesi europei, anglofoni e occidentali: non abbiamo dati per l'Italia, ma Australia, Inghilterra, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, oltre a Vietnam e Filippine, sono nel gruppo dei cerchi antiorari, con percentuali simili o superiori a quelle USA. Questa è, a quanto pare, la direzione preferita di quasi tutti i paesi del mondo, a eccezione di Giappone e Taiwan (per la Cina non ci sono dati: nel Paese Google è bloccato).

DAI BANCHI DI SCUOLA. Da cosa dipende questa differenza? Principalmente - sembra - dal sistema di scrittura. Il Giappone per esempio ne prevede tre: hiragana, katakana e kanji. L'hiragana, il sistema di scrittura sillabico usato nel linguaggio comune, di forma corsiva, presenta molti caratteri tondeggianti, la maggior parte dei quali disegnata in senso orario. Da qui la tendenza a tracciare i cerchi allo stesso modo.

Sia la scrittura giapponese, sia quella cinese, prevedono in linea di massima che si traccino i caratteri da in alto a sinistra a in basso a destra, spesso con un solo tocco continuo. La mano tende quindi con maggiore naturalezza a muoversi in senso orario, per seguire questa regola. Nelle lingue scritte che si basano sul cinese, queste regole si apprendono sin dalla più tenera età, e la calligrafia è spesso considerata una spia della qualità dell'istruzione ricevuta.

La prevalenza di direzione nel disegno del cerchio in base al paese di provenienza. A destra in blu, quelli in senso orario. | QUARTZ
RADICI COMUNI. Anche se per la Cina non abbiamo i dati di Google, uno studio del 1985 confermava la tendenza, nel paese, a disegnare cerchi in senso orario. Per Taiwan potrebbe valere lo stesso, data la comune provenienza linguistica. Questa somiglianza si osserva, in senso opposto, anche per un'altra forma geometrica: il triangolo. Il 97% di quelli disegnati a Taiwan e il 90% di quelli tracciati in Giappone sono in senso antiorario. Questo perché nei sistemi di scrittura cinesi, le linee diagonali vanno tracciate prima da destra a sinistra, e in un secondo tempo da sinistra a destra.

DALLE NOSTRE PARTI. Per quanto riguarda i sistemi di scrittura latini, che si sviluppano da sinistra a destra e non sono particolarmente ricchi di forme circolari, la tendenza a disegnare cerchi in senso antiorario potrebbe dipendere dal modo in cui tracciamo le "c" e le "g". Dallo studio emergono anche interessanti questioni storico-politiche: il Vietnam che utilizza un alfabeto latino come quello degli USA, mostra il 95% di cerchi in senso antiorario. Hong Kong, che usa una scrittura di origine cinese, ha per l'82% cerchi tracciati in senso orario.

Più scriviamo, più queste abitudini si fanno radicate. Ma occorre anche sottolineare che ormai, soprattutto nelle culture occidentali, si è persa l'abitudine a scrivere a mano. Gli studi sulla scrittura potrebbero considerare in futuro, e sempre di più, il modo che abbiamo di battere sulla tastiera del pc, o comporre su quella del telefono."




(tratto interamente da Focus.it)

lunedì 5 giugno 2017

Energy Observer



Energy Observer, la prima imbarcazione al mondo a idrogeno è stata da poco varata nelle acque di Saint-Malo, in Francia. Il “battesimo” marino è la prima tappa di un viaggio intorno al mondo che in 6 anni toccherà 101 porti in 50 paesi.  

Energy Observer è un catamarano dall’aspetto futuristico: è coperto da 130 m2 di pannelli solari, due turbine eoliche alimentano i motori elettrici ed è dotato persino di uno smart kite di 50m2 (una vela che assomiglia a un paracadute) che, quando le condizioni del vento saranno favorevoli, darà il suo contributo alla propulsione della barca!

IDROGENO FAI-DA-TE. L’obiettivo di quest’impresa non è la velocità, sono ben altri i record che Energy Observer intende battere, e non da poco. È la prima imbarcazione autosufficiente e a zero emissioni di gas serra; la prima alimentata da idrogeno autoprodotto e accumulato a bordo utilizzando energie rinnovabili: tutto è alimentato dal sole, dal vento e dall'acqua.

La novità più importante di questo catamarano hi-tech è proprio l’idrogeno, il sogno di tutte le energie, non solo perché non produce scorie (la sua ossidazione, produce acqua!) ma soprattutto per la densità di energia che contiene: con 1 kg di idrogeno, si possono percorrere 100 km, e se potessimo utilizzarlo per caricare un telefonino, basterebbero pochi secondi per farlo funzionare un’intera settimana.

ABORATORIO GALLEGGIANTE. Ma c’è ancora molta strada da percorrere per estendere l’uso dell’idrogeno come combustibile su vasta scala. Energy Observer è un vero e proprio laboratorio galleggiante per sperimentare la catena di produzione dell’idrogeno in modo efficiente e a basso costo. Riuscire a farlo in un ambiente ostile come quello marino, dall’Artico all’equatore, è una grande sfida. 

Alla guida del catamarano ci saranno due avventurieri uniti dalla passione per il mare: il capitano Victorien Erussard, velista professionista, vincitore di grandi regate transoceaniche, e il capo spedizione Jérôme Delafosse, esploratore e documentarista del mare, subacqueo, appassionato di squali (si è immerso senza gabbia per fotografare lo squalo bianco).




(tratto interamente da Focus.it)

martedì 30 maggio 2017

Lo yacht a vela più grande del mondo!



"Lo yacht privato e a vela più grande del mondo è quasi pronto per il varo ufficiale e per essere consegnato al suo proprietario, il miliardario russo Andrey Melnichenko, n° 89 nella classifica mondiale dei super ricchi. I numeri che lo descrivono sono davvero impressionanti.

TUTTI I RECORD DI A. La nave si chiama semplicemente A (o Sailing Yacht A) ed è lunga 142,8 metri per oltre 12.600 tonnellate di stazza, ha un albero maestro di 90 metri e la parte emersa è alta come un palazzo di 8 piani.

È stata progettata da Philippe Stark ed è costata 425 milioni di euro. Ospita al suo interno una grande piscina e un osservatorio subacqueo mentre uno dei ponti è attrezzato per l’atterraggio degli elicotteri.

ECOLOGICA E HI TECH. Potrà solcare i mari a vela ma anche a motore: il vascello è equipaggiato con due motori diesel da 3600 kW e due motori elettrici da 4300 kW.

Ogni funzione della barca può essere controllata da un unico schermo touch mentre vetri a prova di bomba e 40 telecamere a circuito chiuso ne garantiscono la sicurezza.

Lo yacht, che è stato costruito nei cantieri di Nobiskrug, in Germania, si trova al momento a Gibilterra per gli ultimi ritocchi e l’arredamento degli interni.

Le sue vele sono state tessute negli Stati Uniti e hanno una superficie superiore a quella di un campo di calcio!"

(articolo tratto interamente da Focus.it)

lunedì 15 maggio 2017

Effetto placebo: funziona anche se lo sai!



"È il cosiddetto effetto placebo: secondo un nuovo studio, il beneficio ci può essere anche quando il paziente è consapevole che il "farmaco" è solo uno zuccherino.


Che una pillola, anche se finta, faccia effetto quanto e a volte anche più di una vera è risaputo. Tanto che l’efficacia di un farmaco negli studi clinici viene spesso misurata rispetto a quella del cosiddetto placebo, ossia semplice zucchero. Quello che viene di solito dato per scontato è che per farla funzionare bisogna che chi prende la pasticca fasulla sia convinto che sia vera.

Invece, pare che non sia così. Anche se il paziente è consapevole di assumere solo qualche granello di zucchero o di acqua, può darsi che ne tragga comunque beneficio, e che i suoi sintomi siano alleviati.

SENZA TRUCCO, SENZA INGANNO. Lo dimostra una analisi - una revisione sistematica, come viene chiamata nel gergo degli studi clinici - che ha preso in considerazione le poche ricerche pubblicate sull’effetto placebo in cui, a differenza dei casi classici, al paziente era noto che gli veniva somministrato un trattamento finto.

Curiosità: il volto umano della medicina, ovvero prima e dopo un turno di 24 ore in pronto soccorso. | RAMÓN L. PÉREZ
Anche senza inganno, rispetto al non far niente la pasticca di zucchero ha portato comunque miglioramenti a pazienti che soffrivano di mal di schiena, depressione, rinite allergica, sindrome del colon irritabile e disturbo da deficit di attenzione e iperattività. In uno studio recente, 80 pazienti con una forma grave di sindrome del colon irritabile hanno avuto un miglioramento dei sintomi del 15 per cento (rispetto a chi non ha preso niente) assumendo "senza inganno" un farmaco finto. Una volta smesso il placebo, la situazione è tornata a peggiorare.

IL POTERE DELLA SUGGESTIONE. Si tratta ancora di pochi studi, anche perché queste ricerche, proprio per la forma del problema da indagare, non possono essere condotte con il metodo considerato più attendibile, cioè in doppio cieco, ossia senza che sperimentatori e volontari sappiano chi sta assumendo che cosa. L’efficacia del placebo senza inganno non è però un risultato del tutto sorprendente per la medicina.

Storia: gli anni bui della medicina raccontati dagli "strumenti" del passato, come questo congegno antimasturbazione. | SCIENCE MUSEUM
Innanzitutto, anche se è stato esplicitato che si trattava solo di un placebo, la pillola finta è stata spesso accompagnata in questi studi da parole di incoraggiamento del tipo “non contiene nessun principio attivo, ma a volte abbiamo osservato comunque dei miglioramenti”. E che le aspettative generate dalla suggestione possano indurre davvero cambiamenti fisiologici, come la produzione di endorfine antidolorifiche da parte del sistema nervoso, è un fatto dimostrato.

Un altro meccanismo all’opera potrebbe essere il condizionamento: la maggior parte di noi si aspetta un qualche beneficio quando prende una medicina, come i cani studiati dal famoso fisiologo russo Ivan Pavlov che, abituati a ricevere il cibo dopo il suono di un campanello, poi iniziavano a salivare anche solo in risposta al suono. Può darsi che il corpo reagisca nello stesso modo, per il semplice fatto di buttare giù una pillola, anche se non contiene niente.

MEDICI CHE INCORAGGIANO. Lo studio non dimostra certo che si possa fare a meno dei farmaci. Come scrive in un articolo di commento l’autore, Jeremy Howick, un ricercatore dell’università di Oxford, dà però indicazioni su come sfruttare l’effetto placebo anche senza spacciare per vere pasticche finte. Per il ricercatore, «i medici che danno messaggi positivi e si prendono il tempo per comunicare in modo empatico con i loro pazienti possono produrre effetti benefici, che prescrivano un farmaco oppure no»."



(articolo tratto interamente da Focus.it)

lunedì 8 maggio 2017

Dire parolacce rende più forti: ora abbiamo le prove!


"Snocciolare parolacce durante compiti fisicamente impegnativi migliora le prestazioni, perché aumenta la forza fisica. Ne avevamo il sospetto, ora i dati lo confermano.

Non sarà la scoperta dell'ultima ora, ma finalmente possiamo esclamarlo dati alla mano: dire parolacce nei momenti di grande fatica ci rende fisicamente più forti.

Lo confermano alcuni esperimenti di uno scienziato britannico amante del turpiloquio (in termini di ricerca scientifica). Richard Stephens, psicologo dell'Università di Keele (Regno Unito) aveva già dimostrato come le imprecazioni migliorino la sopportazione del dolore.

LAVORI DI FATICA. Questa volta Stephens ha chiesto a una serie di persone di dire parolacce o pronunciare una parola "neutra" mentre pedalavano brevemente su una cyclette o afferravano un oggetto con la mano. Per la pedalata di 30 secondi sono stati ingaggiati 29 volontari dell'età media di 21 anni, mentre per l'handgrip test - un semplice compito di presa con la mano e di stretta di 10 secondi - sono stati coinvolti 52 diciannovenni.

QUANDO CI VUOLE... A tutti è stato chiesto di ripetere in continuazione o l'imprecazione che avrebbero pronunciato dopo una testata, o una parola usata per descrivere un tavolo (come "marrone"). Durante la pedalata, chi diceva parolacce ha espresso una potenza massima di 24 watt maggiore, in media, rispetto agli altri. Nel compito di presa, il turpiloquio ha garantito un aumento di forza di 2,1 kg circa.

MISTERO. Il perché accada, non è ancora chiaro. Il battito cardiaco dei partecipanti, infatti, non è aumentato pronunciando parolacce - come invece avverrebbe se si scatenasse la reazione di "attacco o fuga", che potrebbe aumentare la forza. La spiegazione non può dunque essere questa.

In attesa che qualcuno la trovi (magari confermando questo studio su un campione di volontari più ampi: 29 persone sono un forte limite di questo studio), possiamo continuare a sfogarci senza sensi di colpa."

(tratto da Focus.it)

mercoledì 3 maggio 2017

VIAGGIARE NEL TEMPO? Si può fare!



"Vagare avanti e indietro nello spazio e nel tempo come nella migliore tradizione fantascientifica? Secondo il fisico della Columbia University Ben Tippett, da un punto di vista matematico è possibile. Il trucco starebbe tutto nell'utilizzare la curvatura spazio-temporale dell'universo per piegare il tempo in un circolo e consentire a dei passeggeri di viaggiare a piacimento.
"La gente ha del viaggio nel tempo un'idea legata ai film sul tema e quindi si tende a credere che non sia possibile" ha spiegato Tippett, che insieme all'astrofico David Tsang dell'università del Maryland ha messo a punto una teoria chiamata TARDIS (Traversable Acausal Retrograde Domain in Space-time). "Ma matematicamente è possibile farlo".
Il punto di partenza della ricerca dei due scienziati è stata la teoria della relatività di Einstein, che li ha portati a elaborare un modello matematico la quale - teoricamente - consente il viaggi nel tempo. Ciò non significa, ovviamente, che Tsang e Tippett siano arrivati all'elaborazione del funzionamento di una vera e propria macchina, dotata di cabina e comodi sedili per godersi la vacanza temporale, ma solamente che - da un punto di vista teorico - sia possibile "piegare" il tempo.
I due scienziati, in particolar modo, contestano la tridimensionalità dell'universo e affermano che anche la quarta dimensione - il tempo, appunto - dovrebbe essere calcolata simultaneamente alle altre. In tal modo tra spazio e tempo ci sarebbe un continuum che permette alle differenti direzioni di spazio e tempo di essere connesse col tessuto curvo dell'universo.
Secondo la teoria di Einstein, gli effetti gravitazionali nel cosmo sarebbero congiunti proprio con la curvatura spaziotemporale, la quale è anche alla base del movimento ellittico dei pianeti e delle stelle: se spazio e tempo fossero piatti e non curvi, i pianeti si muoverebbero su linee dritte.
"Anche la direzione del tempo sulla superficie spaziotemporale mostra una curvatura e questo risulta evidente quando ci avviciniamo a un buco nero, perché il tempo scorre più lentamente lì" spiega Tippett. 
"Il mio modello di macchina del tempo usa tale curvatura per piegare il tempo in un circolo che ci porti indietro". Gli appassionati di scienza possono già iniziare a sognare."
A presto!
Citywin Staff!
(tratto da www.huffingtonpost.it)

mercoledì 26 aprile 2017

Caffè e sigaretta: ecco perché vanno a braccetto!



"I più accaniti fumatori consumano anche più tazzine: una variante genetica potrebbe essere all'origine del legame, e spiegherebbe parte delle difficoltà che incontra chi vuole smettere.

Per molti è l'accoppiata irrinunciabile della pausa dal lavoro: caffè e sigaretta, non necessariamente in quest'ordine. Soltanto una semplice (e dannosa) abitudine? Forse no. La nicotina contenuta nelle sigarette potrebbe influenzare il modo in cui il nostro corpo metabolizza la caffeina e dunque fumare aumenterebbe il desiderio di caffeina
È la conclusione a cui è giunto uno studio condotto su 250 mila fumatori: fumare aumenterebbe il desiderio di caffeina, perché cambia il modo in cui si metabolizza questa sostanza e fa sì che ne occorra di più per sentirsi svegli.

COME È STATO SVOLTO LO STUDIO. Gli studi controllati sugli effetti del fumo sono sempre più difficili da svolgere, perché chiedere a volontari di fumare per il bene della scienza non sempre è eticamente accettabile. Così Marcus Munafò dell'Università di Bristol, UK, ha deciso di ricorrere ai dati su migliaia di fumatori già immagazzinati in archivi sulla salute di Gran Bretagna, Danimarca e Norvegia. In particolare si è interessato alle persone in possesso di una variante genetica nota per essere correlata a un maggiore consumo di sigarette
 
UNA COSA TIRA L'ALTRA. Chi ha ereditato questa variante - rivelano i dati - consuma anche più caffè, ma soltanto quando fuma. Negli inglesi fa aumentare anche il consumo di tè, ma questa è più che altro una differenza culturale.

«Estrapolando si potrebbe dire che se una persona fuma 10 sigarette al giorno più di un'altra, consumerà anche l'equivalente di una tazzina e mezza di caffè in più al giorno» commenta Munafò.

A SENSO UNICO. Andando un po’ più nello specifico il ragionamento si complica, dunque seguitelo con attenzione. La relazione ipotizzata dai ricercator va necessariamente dalla variante genetica alla nicotina, e da questa alla caffeina: l'alterazione codifica infatti per un recettore della nicotina, che non ha relazioni note con la caffeina. Le informazioni che abbiamo non fanno quindi pensare a una relazione di tipo inverso (cioè che sia invece la caffeina a far venire voglia di nicotina). 

NE SERVE ANCORA. Può darsi che la nicotina renda l'organismo dei fumatori più rapido nel metabolizzare la caffeina. E che quindi serva una dose extra di espresso per ottenere lo stesso effetto cercato dai non fumatori. Certo può anche darsi che chi fuma tenda ad abbinare a questo gesto, per abitudine, anche un caffè; o che tra le due cose ci sia qualche funzione poco nota di questa variante genetica.

DOPPIA TRAPPOLA. Il legame sigaretta-caffè potrebbe rendere le cose ancora più difficili a chi decide di smettere di fumare. Se si smette con il fumo ma si continua con la stessa dose di caffè, più difficile da metabolizzare, l'effetto potrebbe essere il nervosismo, attribuito a quel punto - a torto - all'astinenza da nicotina."

giovedì 20 aprile 2017

Le persone creative vedono il mondo diversamente...



"La curiosità e la tendenza ad aprirsi a nuove esperienze sembrano connesse a un'esperienza percettiva diversa da quella comune. Il cervello "vede" possibilità che di solito sfuggono.


Chi è tendenzialmente più aperto a nuove esperienze potrebbe avere una visione del mondo più ricca e articolata della norma. Il cervello di chi vanta questo tratto di personalità sarebbe capace di "far passare" una frazione più ampia di informazioni visive rispetto a quanto avviene di solito, come un cancello che rimanga spalancato più a lungo: è quanto si apprende da un recente studio australiano.

INTELLIGENZA FLUIDA. L'apertura mentale è uno dei tratti verificati nei test di personalità, ed è caratterizzata da curiosità, ampiezza di interessi e creatività, per esempio nel trovare nuove soluzioni a problemi o nuovi utilizzi per gli oggetti di tutti i giorni.

UN VENTAGLIO PIÙ AMPIO. Passati esperimenti hanno dimostrato che le persone mentalmente aperte hanno anche una migliore consapevolezza visiva - intesa come capacità di percepire i dettagli in immagini complesse. Ora, gli scienziati dell'Università di Melbourne hanno provato che il loro cervello "vede" più possibilità, come se in essi, l'asticella della coscienza fosse più alta, e il filtro percettivo meno serrato.

NE BASTA UNA. Un gruppo di 123 studenti ha completato un test di rivalità binoculare, in cui a ciascun occhio viene mostrata un'immagine di diverso colore. In genere, se le immagini sono diverse, il cervello preferisce sceglierne una e sopprimere l'altra, alternando di volta in volta quella su cui concentrarsi.

UN INSOLITO MIX. Ma alcuni volontari hanno sperimentato una forma di percezione mista: hanno visto, cioè, immagini "fuse" di entrambi i colori, rosse e verdi insieme. Questi soggetti sono anche stati quelli che hanno totalizzato punteggi maggiori in apertura mentale nel test di personalità somministrato.

GENIO E SREGOLATEZZA. I risultati potrebbero spiegare perché chi è più aperto e curioso sia spesso anche più creativo. L'abilità nel trovare nuove strade e soluzioni potrebbe essere legata, cioè, anche a un modo diverso di vedere le cose. Allo stesso tempo, si capirebbe perché chi è capace di idee geniali sia sovente più incline a deliri e paranoia - una percezione diversa della realtà potrebbe portare a male interpretare alcuni input, e a sentirsi isolati e non compresi.

ANALOGIE. Per Anna Antinori, a capo dello studio, potrebbero esserci somiglianze tra la percezione di chi ha alti livelli di apertura mentale e quella causata dalla psilocibina, una sostanza con effetti psichedelici contenuta in alcuni funghi allucinogeni. Anche l'esperienza della meditazione, con il tempo, sembrerebbe alzare la soglia delle informazioni visive percepite"

(fonte focus.it)

lunedì 10 aprile 2017

Per un imprenditore, l'azienda è come un figlio!



Letteralmente: lo dimostrano le scansioni cerebrali!

Si dice che le idee siano "partorite" e poi accudite come proprie creature: ora ne abbiamo le prove scientifiche. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping, gli imprenditori sperimentano, per il proprio business, un amore simile a quello di un padre per un figlio.

CONFRONTO. I ricercatori della Aalto University di Helsinki hanno misurato intensità di affetto, emozioni positive evocate, vicinanza e fiducia di 21 padri nei confronti dei figli e di 21 imprenditori verso la propria azienda, prima con un questionario e poi sottoponendo i volontari, tutti tra i 25 e i 45 anni, a risonanza magnetica funzionale (fMRI) mentre guardavano foto del proprio pargolo o brand.

OGNI SCARRAFONE... I padri esaminati non erano uomini d'affari, e gli imprenditori non erano businessmen seriali, bensì concentrati sulla crescita di una singola impresa. L'orgoglio, l'amore e la soddisfazione espressi dai padri e dagli imprenditori nei confronti di figli o aziende ha ovviamente surclassato i sentimenti provati per i bambini, o le attività altrui (con gli imprenditori più portati a sopravvalutare la propria "creatura" rispetto ai padri).