lunedì 30 maggio 2016

STILI DI LEADERSHIP - CITYWIN TORINO - COLLOQUIO


Tutti abbiamo sentito parlare di stili di leadership perché, specie negli ultimi periodi, la leadership è una capacità particolarmente richiesta. Chi con questa ha familiarità trova più rapidamente lavoro, riesce a gestire meglio la propria vita e la propria famiglia, è più rispettato socialmente e in alcuni casi gode di grande considerazione nel mondo del lavoro. Ma cos’è questa benedetta leadership?
A chiarirci le idee ci pensa Daniel Goleman, scrittore, psicologo e giornalista statunitense, con alle spalle due nomination al premio Pulitzer, diversi premi alla carriera e pubblicazioni a cinque stelle: prime fra tutte “Intelligenza emotiva” del 1995.
La leadership, è secondo Goleman la capacità di influenzare la gente, e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale in comune.

Leader: come lo si diventa

Se si ascoltano le parole dello psicologo scrittore che lo dice chiaramente: se vuoi diventare un leader devi avere principalmente 4 caratteristiche dalla tua.
  • Consapevolezza di sé stessi: si tratta di quella particolare attitudine che ti consente di accedere alle tue emozioni e di conoscerle. Per quanto, a detta di Goleman sia uno dei fattori più importanti, è il più delle volte sottovalutato.
  • Autogestione (self management): un leader per primo deve essere in grado di guidare sé stesso. L’autogestione deve essere indirizzata in particolar modo alle emozioni, dato che queste sono le chiavi per aprire le porte delle capacità. Se sei capace di autogestione emozionale, sarai in grado di assumerti le responsabilità, di non aggrapparti agli alibi e sarai in grado quindi di dare il meglio di te nella mansione che svolgi.
  • Empatia: dopo la gestione delle proprie emozioni e necessario per un leader capire gli altri e sviluppare la capacità di entrarci in relazione in modo efficace e per questo è necessario sviluppare l’empatia, ovvero la capacità di “sentire”gli altri. Esistono tre tipologie di empatia differenti.
    • L’empatia cognitiva che consente a chi la possiede di capire come le persone vedono il mondo e per questo sono in grado di comunicare con loro ed ispirarle e motivarle;
    • l’empatia emotiva che permette di comprendere come una persona si sente in un determinato momento. Si tratta di una capacità importantissima per avere buoni rapporti in ambito lavorativo.
    • L’interessamento empatico infine consente al leader di regalare un senso di sicurezza e protezione a chi lavora con lui dato che chi possiede questa capacità non solo capisce gli stati d’animo altrui, ma è disposto ad aiutare per il superamento di un momento difficile. “Cosa posso fare per aiutarti?” è la domanda che un leader dotato di interessamento empatico dovrebbe porre ai propri collaboratori.
  • Gestione dei rapporti: è la capacità che raggruppa tutte le tre precedentemente citate. Il leader che sa ascoltare, motivare, comunicare, convincere, ispirare è quello che ottiene il meglio da sé e dagli altri.

Stile di leadership

A questo punto è chiaro che la leadership diventa principalmente la capacità di creare risonanza, ovvero di immettere nel sistema circostante comportamenti che permettano di innescare emozioni positive.
Naturalmente non esiste un’unica forma di leadership e modo di ispirazione all’azione, in base a queste differenti modalità, Goleman definisce i 6 stili di leadership:
Leader visionario: è capace di condividere con i dipendenti un sogno e un obiettivo e crea in azienda un clima particolarmente positivo. E’ indispensabile utilizzare questo stile quando l’azienda attraversa un momento di cambiamento.
Leader coach: è capace di creare un collegamento fra l’obiettivo aziendale e le aspirazioni del singolo lavoratore. E’ bene usare questo stile per aiutare i dipendenti a migliorare le proprie prestazioni.
Leader affiliativo: riesce a favorire con le proprie azioni i rapporti interpersonali, creando una buona armonia a livello aziendale. L’approccio è utile per creare un team compatto.
Leader democratico: valorizza i dipendenti cercandone l’appoggio prima di prendere decisioni, creando un ambiente partecipativo. Lo stile è utile per mantenere un clima lavorativo produttivo e ottenere buoni feedback.
Leader battistrada: è in grado di raggiungere per primo gli obiettivi imposti, facendo appunto da battistrada. In verità lo stile quando utilizzato non ha dato ottimi risultati visto che un abuso dell’approccio crea ansia da parte dei dipendenti. Può essere usato quando ci si affaccia su nuove situazioni e mercati.
Leader autoritario: chi usa questo stile invia direttive che non prevedono replica. Normalmente motiva il personale con la paura delle conseguenze che si avranno in caso di insuccesso, creando un clima aziendale teso nel quale i singoli difficilmente si prenderanno responsabilità. Lo stile è consigliato solo in casi di emergenza e crisi finanziaria.
Un buon leader deve essere dunque in grado di passare da uno stile all’altro elasticamente, non dimenticando che gli ultimi due modelli, poco gettonati, è meglio utilizzarli con parsimonia e naturalmente per brevi periodi.

mercoledì 25 maggio 2016

SAPER GESTIRE LE RELAZIONI LAVORATIVE? LA CHIAVE PER IL BENESSERE !


Hai qualche difficoltà con i colleghi e con il capo? Sappi che sei in buona compagnia. Da un sondaggio condotto dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), sei persone su dieci ritengono che lo stress lavoro-correlato sia causato da relazioni conflittuali in ufficio o in fabbrica, oltre che da riorganizzazioni aziendali e, più in generale, precarietà lavorativa. Si parla persino di «bullismo e molestie» sul lavoro, ma anche di comunicazione inefficace e richieste contrastanti, di mancanza di sostegno da parte dei colleghi o dei superiori, e di gestione inadeguata dei cambiamenti organizzativi.
Per quattro lavoratori su 10, secondo il sondaggio Eu-Osha, questa forma di stress non è gestita in maniera appropriata nei loro luoghi di lavoro.
«Lavorare oggi è difficile, lavorare bene è un'alchimia, lavorare bene stando bene un sogno», osserva Michele Cucchi, psichiatra e direttore sanitario del Centro medico Sant'Agostino di Milano dove è attivo un servizio su lavoro e benessere


Saper gestire le relazioni: ecco la chiave per il benessere
Le relazioni, talvolta, rendono estremamente difficile il lavoro, e nel sapersi relazionare ritroviamo spesso una chiave per il successo lavorativo, oltre che per il benessere personale. Il modo migliore per far sì che le cose accadano, si raggiungano obiettivi e le aziende funzionino, è dunque saper gestire le relazioni.
Tanto più che molti processi richiedono l'integrazione fra persone e competenze diverse, e questo ci pone necessariamente nella condizione, per ottenere risultati, di passare attraverso la comunicazione e la relazione con l'altro.
Sapersi relazionare, però, non vuol dire essere buonisti, ruffiani, giusti, amiconi... La tematica è più complessa.
Ogni ruolo richiede un "codice" ad hoc
Innanzitutto, spiega lo psichiatra, esistono regole relazionali legate ai ruoli: noi, al lavoro, abbiamo un ruolo e interagiamo con altre persone che sono innanzitutto figure con un ruolo.
Qualche esempio? Il ruolo del commerciale in una finanziaria richiede, quando si relaziona con i clienti, pazienza, empatia, carisma, capacità di ascolto, talvolta assertività, capacità di vendita e, al contempo, capacità di negoziazione. 
Ma lo stesso professionista è anche un dipendente, che deve rispondere al suo diretto manager d'area: il suo ruolo in questo caso, in termini relazionali, è completamente diverso: richiede rispetto, accettazione dell'autorità, inclinazione all'affidarsi e fiducia nell'altro, capacità di condivisone e lavoro in team, riferendosi a una persona che ha un ruolo di coordinamento e responsabilità nei suoi confronti.
La stessa persona, verosimilmente, dovrà essere consapevole di questo doppio ruolo, pronto a "cambiare abito" in base all'occorrenza: non andrebbe bene che si relazionasse con il proprio cliente come deve fare con suo manager e viceversa, con il manager come fosse un cliente.
Come conciliare il ruolo con il nostro carattere? 
Nel ruolo che ricopriamo, però, portiamo la nostra personalità, il nostro carattere, e dobbiamo stare attenti, perché «il nostro ruolo potrebbe richiedere atteggiamenti relazionali che non sono esattamente supportati del nostro modo di essere», osserva lo psichiatra. Lo stesso professionista dell'esempio di prima, potrebbe trovarsi a proprio agio in un ruolo, perché più consono al suo stile relazionale, meno nell'altro: mostrarsi troppo sensibile all'altro e non saper indirizzare le scelte del cliente perché insicuro, essere troppo diplomatico, mai assertivo, potrebbe non essere vincente per lui, nel ruolo di venditore. Magari invece le stesse caratteristiche lo fanno essere un uomo di fiducia del suo area manager.


«Per lavorare bene stando bene dovremmo essere in grado di gestire il rapporto con le persone, ancor prima che l'interazione con i ruoli»

mercoledì 18 maggio 2016

L'INTELLIGENZA EMOTIVA - CITYWIN TORINO - COLLOQUIO



Che piaccia o no, i leader hanno bisogno di gestire lo stato d'animo di chi lavora con loro.

Fateci caso: i manager più apprezzati sono dotati di un mix, a dire il vero abbastanza difficile da oggettivizzare, di abilità e caratteristiche psicologiche che, nel complesso, sono note con il nome di intelligenza emotiva.

Un vero leader è consapevole di sé ed empatico, cioè capace di calarsi nei panni degli altri. E' in grado di leggere dentro di sé e negli altri e di regolare le proprie emozioni. Contemporaneamente, coglie come si sentono gli altri e forgia, di conseguenza, lo stato emotivo della propria organizzazione.


L'intelligenza emotiva

Ma da dove viene l'intelligenza emotiva? E come si impara ad usarla?

La letteratura più comune e anche il buon senso suggeriscono che questo tipo di intelligenza venga supportata in parte dalla natura e in parte da come si viene allevati e da come decidiamo di impostare la nostra formazione.
Predisposizione genetica, esperienze e formazione fanno sì che un manager possa avvalersi di questo straordinario strumento.

A partire da oggi, per qualche settimana, proveremo insieme ad esplorare la natura e la gestione dell'intelligenza emotiva e il suo utilizzo nell'ambito del management (non trascurandone gli abusi).


Essere realisti

Il primo consiglio da dare ad un manager che voglia provare a sviluppare la propria intelligenza emotiva è quello di cercare di essere realista, soprattutto per quanto riguarda ciò che rappresenta davvero questo particolare tipo di intelligenza.
Molti libri e articoli hanno contribuito a diffonderne il concetto riducendo, di volta in volta, l'intelligenza emotiva ad auto-consapevolezza, sfrenato ottimismo o tolleranza. Tutte queste definizioni sono state popolari per un certo periodo di tempo, accompagnate da affermazioni assolutamente esagerate sull'importanza di questo tipo di intelligenza.

Occorre dire, però, che tratti di personalità diverse, comunque ammirevoli, non contribuiscono necessariamente a definire in maniera univoca l'intelligenza emotiva. In aggiunta, tali tratti sono difficili da valutare collettivamente in modo da rivelare il loro rapporto con il successo nel business o nella vita.

Proviamo, ad esempio, a pensare a quanto sia importante l'autocoscienza per essere un leader di successo ma anche a quanto la consapevolezza di sé sia in grado di ridurre l'autostima che, spesso, è una componente fondamentale della leadership.


"Sentire" gli altri

Da un punto di vista scientifico ma anche popolare, l'intelligenza emotiva è la capacità di percepire con precisione le proprie emozioni e quelle altrui e di comprenderne i segnali.

L'ottimismo, l'iniziativa, la fiducia in se stessi e altre caratteristiche positive possono arricchirla ma sicuramente non definirla.

I ricercatori hanno studiato per anni le emozioni delle persone cercando di identificare i meccanismi che ne permettevano la comprensione. Chiedendo, ad esempio, di identificare le emozioni trasmesse da un viso si possono identificare persone che ottengono punteggi più alti e che si possono considerare, per questa caratteristica, diverse dalla massa.
Nel mondo degli affari, esse appaiono in grado di trattare più facilmente i reclami dei clienti o di mediare le controversie e possono eccellere nel difficile compito di far lavorare insieme persone forti e positive con colleghi più deboli e remissivi.



Qui di seguito troverete il link per effettuare un simpatico test per valutare la vostra INTELLIGENZA EMOTIVA!

lunedì 16 maggio 2016

LASCIARE I PENSIERI A CASA CONCENTRANDOSI A LAVORO...SI PUO' FARE? - CITYWIN TORINO COLLOQUIO



Come da titolo di questo articolo vogliamo farvi una domanda:

LASCIARE I PENSIERI A CASA CONCENTRANDOSI A LAVORO...SI PUÒ FARE?

Vogliamo raccontarvi una storia.

Siamo in un antico villaggio agricolo, circondato dal verde, dal fiume e dalla natura in tutto il suo splendore. Quella mattina tutto il paese era in festa. Tutti erano felici, entusiasti, tutti erano pronti a fare festa, perché un importante matrimonio si sarebbe celebrato di lì a poco.

Contadini, viandanti, falegnami e signori di corte. Ognuno di loro non vedeva l'ora di vedere lei. La sposa.

Ma proprio in quell'attimo, poco distante e vicino ad un grosso ruscello vi era lei, la giovane ragazza, con il suo abito bianco smagliante, che tentava con tutte le sue forze di attraversare la corrente per giungere al villaggio di cui sentiva già i rumori della festa.

Bloccata sulla riva tentando soluzioni improbabili si stava quasi fidando per spacciata, quando improvvisamente dall'orizzonte spuntarono loro. Due monaci, uno chiaramente anziano, e uno giovine e baldo.

I due la videro correre incontro a loro, urlando frasi sconnesse tenendosi stratta a sé il suo vestito bianco.

"Signori!Vi prego!Aiutatemi! Deve attraversare il ruscello e non so come evitare di sporcarmi il mio abito!Mi devo sposare fra poco e mi stanno aspettando tutti! Vi supplico! Aiutatemi!"

Il più anziano le sorrise senza proferire parola, si piegò e fece cenno alla ragazza di salire sulle sue spalle: lui l'avrebbe portata dall'altra parte della riva. Arrivati a destinazione la giovine lo ringraziò dieci, venti, cento volte. E si mise a correre verso il suo villaggio sparendo all'orizzonte.

I due monaci proseguirono il loro percorso, ma qualcosa aveva stranito il più piccolo dei monaci che, per un'ora di lì in avanti, non fece altro che borbottare guardando per traverso il vecchio saggio.
Quest'ultimo ad un certo punto, stanco e stufo di vedere il compagno di viaggio turbato, si fermò e decise di affrontare il suo collega.

"Allora...si può sapere cosa non va?"
"Guarda....te lo devo dire proprio!!!Noi abbiamo dei divieti imposti dalla tunica che portiamo! Noi non possiamo parlare con le donne ma tanto meno possiamo toccarle!E tu hai toccato le gambe della ragazza per portarla in salvo!Per pochi minuti...è vero...ma l'hai fatto!!"

Il saggio sorrise, guardò il giovano monaco, e gli rispose semplicemente:

"Io la ragazza l'ho lasciata un ora fa...sei tu che te la stai portando dietro!"

Questa simpatica storia ve l'abbiamo ricordata per suggerirvi di lasciare sempre a casa i vostri pensieri negativi, i vostri problemi. 

Perché l'unico modo per risolverli è agire, non fermarsi, e combattere per i propri obiettivi!

Alla prossima,
Citywin Staff

mercoledì 11 maggio 2016

PRIMO GIORNO DI LAVORO - CITYWIN TORINO - REALTA' DEL COLLOQUIO



Meglio dare confidenza o mostrarsi riservati? Indossare quegli orecchini - talismano, anche se sono così vistosi? Mostrarsi propositivi o aspettare qualche settimana prima di cominciare con le proposte, per evitare di apparire assillanti?
Essere preparati al primo giorno di lavoro è fondamentale; passata la selezione, occorre tirare fuori cuore, preparazione e professionalità per rendersi indispensabili in azienda, e convincere il proprio "boss" che non avervi nel team sarebbe un punto in meno per l'azienda!

Quindi abbiamo voluto suggerirvi dei piccoli segreti da utilizzare e sfruttare per il primo giorno di lavoro:

METTITI IN ASCOLTO E RICORDA I NOMI. Non solo il primo giorno di lavoro, ma anche tutto il periodo di inserimento sono molto importanti sia per quanto riguarda la raccolta di informazioni utili per fare bene il lavoro, che per integrarsi con il gruppo di colleghi. E' fondamentale mantenere una posizione di ascolto e cercare di ricordare i nomi e i ruoli delle figure di riferimento con cui si dovrà interagire. In caso di dubbi, chiedere, per chiarirsi le idee, ma anche per rafforzare l’interazione.

ENTRA IN PUNTA DI PIEDI. A meno che non si tratti di un gruppo di lavoro che sta nascendo, di solito, quando si entra in un team già formato, è buona norma farlo «in punta di piedi», senza mettersi troppo in mostra, così da familiarizzare gradualmente con i colleghi. E’ possibile farlo condividendo con loro i momenti di pausa, o aggregandosi al gruppo nell'ora di pranzo. Almeno all’inizio, meglio porsi più come ascoltatori, per provare, pian piano, a proporre il proprio punto di vista. L’atteggiamento, all’inizio, dovrebbe essere formale, ma anche cordiale.

SEPARA LAVORO E VITA PRIVATA. Al lavoro, la relazione è tra colleghi, e non tra amici. Quindi è buona norma tenere separati il piano personale da quello lavorativo, o almeno tralasciare i dettagli. In questo modo si evita che si creino pregiudizi che possano condizionare la relazione lavorativa. Può essere utile parlare del lavoro precedente, ma è meglio evitare di raccontare ciò che non ha funzionato e fare la vittima. Al contrario, ricordalo come un'esperienza che ha dato l'opportunità di crescere.

CHIEDI SEMPRE IL PARERE DEGLI ALTRI. E' utile mostrarsi fin da subito propositivi, ma senza esagerare, per non infastidire con richieste continue di attenzione. Proporre chiedendo il parere, o cercando il confronto, è un buon modo per guadagnarsi il rispetto.

DISPONIBILE, MA CON QUALCHE PALETTO. Alcuni lavori richiedono un maggiore impegno in alcuni periodi, mentre altri hanno un carico costante. In generale, vale sempre la regola dell'adattarsi al contesto. Ma senza essere esageratamente disponibili: è utile quindi mettere dei paletti se gli orari egli incarichi extra rischiano di diventare un'abitudine, ricordando a se stessi e agli altri che ci sono anche altri impegni, oltre al lavoro, e provando a posticipare a quando sarà possibile le richieste «eccessive».

AIUTATI CON L’AUTOIRONIA. E’ sempre uno strumento vincente, che ci fa apparire agli occhi degli altri più «umani»: è utile mostrare ogni tanto i propri difetti, piuttosto che cercare di nasconderli.

VESTITI COME GLI ALTRI. L'abbigliamento è fondamentale per risultare integrati e per fare una buona prima impressione. La scelta, formale o informale, dipende dal contesto: se ne hai la possibilità, osserva come si vestono i tuoi colleghi, ancora prima di cominciare a lavorare, per non risultare fuori luogo.

Quindi, riprendendo una celebre frase di Steve Jobs

"Siate affamati, siate folli"
Alla prossima settimana!
Citywin Staff





lunedì 9 maggio 2016

THINK POSITIVE!- CITYWIN COLLOQUIO DI LAVORO -




Mantenere un atteggiamento positivo ad un colloquio è essenziale!

È fondamentale che l’ansia e l’emotività non prendano il sopravvento: il colloquio – in questo senso – non va mai visto come un momento in cui si viene giudicate, ma piuttosto come un’occasione da sfruttare, per scambiarsi informazioni utili con il selezionatore al fine di capire se sia o meno un lavoro adatto a voi.

Va da sé che è buona norma non dare mai troppe informazioni sulla propria sfera personale, mantenendo invece una più discreta distanza professionale.


Con chi preferisci praticare, lavorare o andare in giro?
Con qualcuno che è sempre giù di morale o con qualcuno che riesce a vedere il bene intorno a sé, anche quando le cose non stanno andando alla grande?
Non ci sbagliamo molto se diciamo che le persone preferiscono essere circondate da persone che riescono ad intravedere anche una piccola parte di cielo azzurro tra le nuvole, piuttosto che notare solo le nuvole.
L'atteggiamento è uno degli ingredienti fondamentali di un buon leader!
Esso è tutto nella vita, poiché il tuo atteggiamento tende a diffondersi e agire sugli altri in modo importante, riflettendosi nella anche nel tuo carattere e nella tua leadership.
C’è piccola una differenza tra le persone, ma questa piccola differenza è quella che può fare una grande differenza. La piccola differenza è proprio l’atteggiamento, mentre la grande differenza è se esso è positivo oppure negativo.
Un atteggiamento negativo non fa mai aumentare l’influenza di un leader e, certamente, non attrae a lui persone di alto livello.
Per alcuni l’atteggiamento positivo è più naturale che per altri, ma se desideri guidare gli altri con successo, allora l’ atteggiamento positivo è quasi un obbligo.
Un atteggiamento positivo, non significa che tu rifiuti la realtà, ma se ti impegni a perseguirlo, puoi trovare il meglio anche nella peggiore delle situazioni, aiutando te stesso a vedere il lato positivo anche nelle situazioni negative.
Quindi...pensate positivo...oltre tutto!Sempre!

mercoledì 4 maggio 2016

CITYWIN TORINO - COLLOQUIO DI LAVORO - STRINGERE PER VENDERE



Oggi vi parleremo di.....stringere per vendere!

Esatto!
Ogni colloquio che si rispetti, ogni appuntamento importante degno di essere chiamato tale, ha un inizio fondamentale...LA STRETTA DI MANO.

Come deve essere la stretta di mano perfetta?

In un articolo tratto dal sito



vi viene spiegato come anche un semplice gesto come una stretta di mano può essere elemento di valutazione durante un colloquio, tanto più che esso è incluso in quei primissimi momenti in cui, a quanto pare, un datore di lavoro è già in grado di inquadrare un candidato, decidendo istintivamente l’esito del suo colloquio. Quando si stringe la mano, occorre farlo con la giusta forzasenza stringere troppo, ma soprattutto evitando di tenerla troppo “floscia“, una sensazione assai sgradevole per chi la avverte. Dare la mano senza stringere fa immediatamente pensare ad una persona priva di ogni slancio ed è pertanto uno degli errori da evitare.
La classica “stretta di mano forte” tanto predicata da alcune persone, in realtà potrebbe essere controproducente se si da la mano ad una donna gracile, fate attenzione a chi è la persona a cui date la mano e agite di conseguenza.


Ma allora, come è fatta la stretta perfetta? Le regole sono le stesse per uomini e donne: si offre all’altro la mano destra, con una stretta ferma ma non eccessiva, in un punto che si colloca a metà strada tra noi e chi abbiamo di fronte. Il palmo deve essere asciutto e fresco e le mani strette si devono scuotere 3 volte per un tempo non superiore ai due-tre secondi. Ci si deve guardare negli occhi, sorridendo in modo spontaneo e con una forma di saluto o presentazione consona alla situazione.
Banale? Non la pensano così i vertici inglesi della Chevrolet, che hanno inserito il corso sulla corretta stretta di mano nel programma formativo della propria forza vendita e che hanno sovvenzionato lo studio di Beattie (più per farsi pubblicità che per vero amore della scienza).



«La stretta di mano non è solo una forma di saluto rituale, ma anche un modo per concludere gli affari: è importante che il nostro staff sia capace di farlo nel modo migliore per trasmettere fiducia e rassicurazione ai clienti».

Alla prossima!
Citywin srl Torino Staff

lunedì 2 maggio 2016

SII CURIOSO...INFORMATI! - COLLOQUIO DI LAVORO CITYWIN SRL



Rieccoci con i nostri articoli sul colloquio di lavoro....dove eravamo rimasti??!!
Vi abbiamo parlato dell'abito, dell'atteggiamento da tenere davanti ad un nuovo ipotetico datore di lavoro. Ci siamo confrontati sulla puntualità e sulla qualità della prima impressione da dare.
Oggi vi parliamo di un altro step fondamentale da seguire...INFORMARSI SULL'AZIENDA A CUI SI VA A FARE VISITA. 
Esatto. 
E’ importante sapere e conoscere più cose possibili dell’azienda in cui andrai a sostenere il colloquio di lavoro.
Scopri quanto grande è l’azienda, da quanto esiste, di che cosa si occupa nel dettaglio, insomma, cerca di raccogliere il più grande numero di informazioni possibili per essere pronto ad ogni evenienza.
Spesso spulciando il sito web dell’azienda hai già fatto la metà del lavoro, poi continua su google e cerca attentamente tutto quello che ti può servire per conoscere l’azienda, il capo ed i collaboratori.
L’obiettivo è entrare in sintonia con il potenziale datore di lavoro e fargli capire che già conosci l’azienda e quello che fà; questo sarà un ottimo punto a tuo favore e passerai per il tipo in gamba che si è preso la briga di ricercare qualche informazione su di loro; fidati lo apprezzeranno.
Questo, insieme agli altri due articoli precedenti, rimanda ad un unico principio fondamentale: la differenza fra AVERE SUCCESSO ed ESSERE DI SUCCESSO!
A tal proposito guardate questo video di Youtube di Roberto Re...alla prossima!!