mercoledì 25 maggio 2016

SAPER GESTIRE LE RELAZIONI LAVORATIVE? LA CHIAVE PER IL BENESSERE !


Hai qualche difficoltà con i colleghi e con il capo? Sappi che sei in buona compagnia. Da un sondaggio condotto dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), sei persone su dieci ritengono che lo stress lavoro-correlato sia causato da relazioni conflittuali in ufficio o in fabbrica, oltre che da riorganizzazioni aziendali e, più in generale, precarietà lavorativa. Si parla persino di «bullismo e molestie» sul lavoro, ma anche di comunicazione inefficace e richieste contrastanti, di mancanza di sostegno da parte dei colleghi o dei superiori, e di gestione inadeguata dei cambiamenti organizzativi.
Per quattro lavoratori su 10, secondo il sondaggio Eu-Osha, questa forma di stress non è gestita in maniera appropriata nei loro luoghi di lavoro.
«Lavorare oggi è difficile, lavorare bene è un'alchimia, lavorare bene stando bene un sogno», osserva Michele Cucchi, psichiatra e direttore sanitario del Centro medico Sant'Agostino di Milano dove è attivo un servizio su lavoro e benessere


Saper gestire le relazioni: ecco la chiave per il benessere
Le relazioni, talvolta, rendono estremamente difficile il lavoro, e nel sapersi relazionare ritroviamo spesso una chiave per il successo lavorativo, oltre che per il benessere personale. Il modo migliore per far sì che le cose accadano, si raggiungano obiettivi e le aziende funzionino, è dunque saper gestire le relazioni.
Tanto più che molti processi richiedono l'integrazione fra persone e competenze diverse, e questo ci pone necessariamente nella condizione, per ottenere risultati, di passare attraverso la comunicazione e la relazione con l'altro.
Sapersi relazionare, però, non vuol dire essere buonisti, ruffiani, giusti, amiconi... La tematica è più complessa.
Ogni ruolo richiede un "codice" ad hoc
Innanzitutto, spiega lo psichiatra, esistono regole relazionali legate ai ruoli: noi, al lavoro, abbiamo un ruolo e interagiamo con altre persone che sono innanzitutto figure con un ruolo.
Qualche esempio? Il ruolo del commerciale in una finanziaria richiede, quando si relaziona con i clienti, pazienza, empatia, carisma, capacità di ascolto, talvolta assertività, capacità di vendita e, al contempo, capacità di negoziazione. 
Ma lo stesso professionista è anche un dipendente, che deve rispondere al suo diretto manager d'area: il suo ruolo in questo caso, in termini relazionali, è completamente diverso: richiede rispetto, accettazione dell'autorità, inclinazione all'affidarsi e fiducia nell'altro, capacità di condivisone e lavoro in team, riferendosi a una persona che ha un ruolo di coordinamento e responsabilità nei suoi confronti.
La stessa persona, verosimilmente, dovrà essere consapevole di questo doppio ruolo, pronto a "cambiare abito" in base all'occorrenza: non andrebbe bene che si relazionasse con il proprio cliente come deve fare con suo manager e viceversa, con il manager come fosse un cliente.
Come conciliare il ruolo con il nostro carattere? 
Nel ruolo che ricopriamo, però, portiamo la nostra personalità, il nostro carattere, e dobbiamo stare attenti, perché «il nostro ruolo potrebbe richiedere atteggiamenti relazionali che non sono esattamente supportati del nostro modo di essere», osserva lo psichiatra. Lo stesso professionista dell'esempio di prima, potrebbe trovarsi a proprio agio in un ruolo, perché più consono al suo stile relazionale, meno nell'altro: mostrarsi troppo sensibile all'altro e non saper indirizzare le scelte del cliente perché insicuro, essere troppo diplomatico, mai assertivo, potrebbe non essere vincente per lui, nel ruolo di venditore. Magari invece le stesse caratteristiche lo fanno essere un uomo di fiducia del suo area manager.


«Per lavorare bene stando bene dovremmo essere in grado di gestire il rapporto con le persone, ancor prima che l'interazione con i ruoli»

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